IL PARCO DELLE ANIME PERDUTE By MARIO ZACCHERINI

La notizia della chiusura della discoteca della acque minerali ha avuto un effetto bomba sulla città.

Discoteca che Tarantino sicuramente avrebbe scelto come location per una nuova saga de “Dall’alba al tramonto”. Forse immaginando la storia di una famiglia che dopo aver passato una giornata dentro al parco, immersa nel dolce cinguettio degli oltre 100 db prodotti da sciami di motori endotermici, non rendendosi conto dell’imminenza della notte rimane bloccata nel parco maledetto.

Mentre le ombre di una notte senza luna coprono fiori, piante, alberi e la sfortunata famiglia, all’improvviso irrompono le note diaboliche della discoteca. È la musica del demonio, un sabba di aperitivi e sigarette.

All’improvviso, mentre la famigliola sta per essere inghiottita nel pozzo delle tenebre una luce si spande per il parco: arrivano i buoni, il Comune Esorcista interviene prontamente bloccando l’attività malefica dei db, salvando l’anima nostra.

È andata veramente così? Nel film si, nella realtà assolutamente no.

L’arcano svelato

Cari imolesi non penserete veramente che la discoteca verrà chiusa?

Non scherziamo, lo scrivo oggi 26 ottobre 2014, la realtà è ben diversa: il gestore firmò, se ricordo bene nel 2010, un bando reperendo una situazione all’interno della quale era ipotizzabile svolgere attività commerciali sia di giorno che di notte. In un certo senso una riproposizione del passato quando, il vecchio chiosco fungeva da agente socializzante per le generazioni giovanili, e meno, degli imolesi.

Di giorno pattinaggio, bibite, jukebox ed alla sera discoteca, il tutto coinvolgendo migliaia di persone. Oggi, grazie alle politiche di Formula Imola, tale scenario non è riproducibile e l’effetto più evidente è proprio l’abbandono della società civile del parco nelle ore diurne (d’altronde quale mamma, sana di mente porterebbe i propri figli in un ambiente con 100 db di rumore?).

Le anime notturne possono stare tranquille perché la discoteca non chiude. Da qui a primavera nascerà un nuovo bando meno oneroso per il gestore (quello attuale o uno nuovo. Personalmente penso che non cambierà il gestore) e tutto ricomincerà come prima con, spero, meno rumore per i residenti.

Rumore ed economia

Il degrado del Parco Acque Minerali è solo uno dei tanti effetti collaterali che la nostra città deve sopportare affinché l’avventura di Formula Imola possa proseguire indisturbata, nonostante sia stata messa all’indice dagli uomini di Renzi.

Cottarelli (lavora presso il Fondo Monetario Internazionale) ha individuato nel mondo delle partecipate un oceano di spreco e sperpero del danaro pubblico che avvelena, come un tumore, la vita del Paese. Come Imola stiamo contribuendo, nel nostro piccolo, al fallimento dell’azienda Italia.

Cosa fare nel caso Autodromo? Le risposte possono essere le più disparate; molto dipende da chi risponde e dagli interessi che porta.

Un appassionato, o comunque chi trae benefici dall’attività motoristica, senza indugi direbbe di continuare senza guardare al deficit che anno dopo anno si accumula. Stesso ragionamento troveremmo nelle poche attività commerciali che, a fronte dei milioni di euro sperperati in questi anni, comunque possono incrementare le entrate.

In fondo in Calabria, con i Forestali, viviamo la stessa situazione: sono in sovrannumero (circa 10000, ovvero oltre il doppio dei rangers di tutto il Canada) e lo Stato sperpera, ogni anno, preziose risorse economiche.

Al Forestale, come al gestore o banalmente al Giudice di gara non interessa da dove provengano i soldi, la cosa importante è che arrivino…

Lo ammetto, se anch’io avessi interessi economici con l’autodromo, non mi preoccuperei dei danni che ricadono sulla comunità (lo ammetto, ho scritto una bugia).

Un cittadino, con senso civico, si porrebbe tante domande e capirebbe che qualsiasi sperpero, da quello tentato da Terremerse (in questo caso con rilevanza penale), ai Forestali, fino ad arrivare a Formula Imola prima o dopo si ripercuote sul territorio o sui cittadini. Nel caso di Formula Imola è ovvio che tutte le risorse pubbliche assorbite sono risorse non date alle cultura, alla ricerca, alla sanità, all’urbanistica ecc.

Non solo: per ridurre gli effetti di questo tumore (lo sperpero pubblico) il Governo Renzi ha notevolmente innalzato le tassazioni finanziarie e “massacrato” la previdenza pensionistica privata.

Cosa significa? Una cosa su tutti, il prossimo anno la Fondazione Cassa di Risparmio potrà devolvere molto meno sul territorio rispetto al passato perché molto di più dovrà a Roma.

www.ilrestodelcarlino.it/imola/manovra-fisco-fondazioni-bancarie-1.326842

Che fare? Nei paesi occidentali la risposta sarebbe semplice, ovvero dove le situazioni sono insostenibili si chiude per non precludere il futuro ai territori.

La mitologia del ricordo

In Italia siamo meno avvezzi ai numeri e più propensi a coltivare una “mitologia del ricordo”, rimembrando una lontana età dell’oro che non trova riscontro nei dati oggettivi.

A titolo esemplificativo spesso sentiamo, da parte degli apostoli dell’autodromo (probabilmente più esperti in aperitivi che in numeri) esclamare con calore “l’autodromo porta turismo dall’estero”, oppure “grazie all’autodromo le aziende imolesi sono importanti nel mondo”.

Purtroppo non è così, ai tempi d’oro della F1 erano già evidenti i segnali dell’imminente declino. Non a caso le presenze estere si erano ridotte al 14% , rispetto al totale dei presenti, nel 2006 (quindi ben prima della crisi) e la maggioranza del pubblico rimaneva a Imola solo il giorno della gara.

L’impatto sulle aziende è sempre stata una splendida leggenda metropolitana  (nessun impatto negativo anche senza F1 o Autodromo chiuso) che trova l’apice con l’esperienza della 3Elle che immette verso il mercato sovietico, e non, la Porta “Imola” certi che con tale marchio avrebbero conquistato il mondo. Purtroppo spesso i sogni cozzano con la realtà e se un prodotto non è valido per un dato mercato….lo puoi chiamare come vuoi, ma non lo vendi.

Un altro argomento forte, sempre figlio della mitologia del ricordo, che appare tra un Martini ed un Negroni è il richiamo ai fantomatici utili portati dall’Autodromo a non si sa bene chi, perché, almeno per quelli che consumano aperitivi analcoolici, nel terzo millennio tali utili non si sono mai fermati sulle rive del Santerno.

Non a caso, riferendosi alla Sagis, già nel 2007 si parlava di ingenti perdite/debiti accumulate negli anni.

Per un motivo o l’altro la verità temuta era/è che non è più tempo di Autodromi. La domanda conclusiva è solo una: come coniugare un impianto che, oltre a produrre perdite di danaro pubblico, a volte produce anche rumori simili ad un aeroporto?

Già, come fare?

LA LEGGENDA DELL’AEROPORTO DI FORLI’

C’era una volta, in una città vicino a Imola, un ridente e storico aeroporto. Questo impianto aveva una storia piuttosto antica, essendo nato nel 1934, ed un esercente dal nome altisonante Seaf.

La Seaf, a sua volta, era partecipata dal Comune di Forlì (48%), Regione Emilia Romagna (25%), dalla Provincia di Forlì-Cesena (14%), dal Comune di Cesena (2%) e altri soci minori.

Fino a tutto il 2007 le cose vanno bene, l’impianto produce occupazione all’interno (un centinaio di dipendenti) ed anche all’esterno (in particolare per quanto riguarda il settore alberghiero e trasporti).

Dal 2008 la situazione precipita, non mi dilungo nello spiegare il perché, trasformando il Ridolfi in un soggetto che produce perdite consistenti e continue alle comunità. La storia racconta che al 31 dicembre 2010 il debito fosse vicinissimo ai 10 milioni di euro……ma i più maligni parlano di 40 milioni a carico della comunità “gettati” tra il 2004 ed il 2011.

La situazione debitoria elevata ed il mutamento degli orizzonti portò l’allora Sindaco di Forlì Roberto Balzani, l’allora Presidente della Regione Vasco Errani e tutti gli altri attori coinvolti a domandarsi “adesso cosa facciamo?”

Già, come fare nei confronti di un impianto che tanto aveva dato alla città.

Già, come fare nei confronti degli utenti?

Già, come fare nei confronti degli albergatori e dei taxisti?

Non ci crederete, ma Balzani ed Errani decisero che la mano pubblica non poteva utilizzare risorse pubbliche come fonte illimitata di finanziamento su attività senza prospettive.

Perché? Semplice: i costi sociali, per tutelare poche persone, erano troppo elevati ed il compito del pubblico è quello di garantire scuole, servizi, sanità non certo il funzionamento di aeroporti o autodromi (aggiungo).

Così si chiuse la favola dell’aeroporto gestito “dalla politica” e si apri la favola, attualissima, dell’aeroporto gestito dai privati.

Almeno è quello che si legge.

Chissà se i profeti imolesi conoscono la storia/parabola del Ridolfi e se ne capiscono i contenuti….

Mario Zaccherini

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  1. Nicoletta Folli says:

    Mario Zaccherini, nel trascrivere il racconto horror, ti si è strappata una pagina e manca un pezzo: la famigliola era anche precipitata nei sentieri sconnessi del Castellaccio e recuperata dai Pompieri.
    La manutenzione di un vasto e storico parco pubblico, come era facile prevedere, non è agevole, richiede professionalità elevate e non è nemmeno una priorità per chi ha altri tipi di interessi.

  2. alfredo says:

    Così va l’Italia e Imola non è da meno, che ne pensino la maggioranza degli imolesi: spero solo che l’infatuamento per il democristiano Renzi passi in fretta e che parte del suo elettorato rinsavisca per tempo, ma così come per l’autodromo, temo dovremo sperare in una piena più consistente del Santerno……

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