IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI By MARIO ZACCHERINI

Mese dopo mese il dramma occupazionale di Imola e circondario emerge sempre con maggiore intensità, lasciando macerie sociali difficilmente sanabili nel breve periodo.

Abituati ad essere i più bravi, i più belli e, almeno lo pensavamo, i più intelligenti ci ritroviamo in una situazione dove tocchiamo con mano situazioni inimmaginabili fino a ieri.

Siamo ancora i più, ma nella classifica della città che “più” ha subito gli effetti della crisi, anzi che sta subendo.

Crisi mondiale, certo, crisi del sistema Italia, ovvio, ma anche crisi del modello Imola preso a schiaffi da Marchionne con la chiusura della Cnh, crisi della cooperazione largamente presa in ostaggio dalla partitocrazia e, cosa forse ancora più grave, crisi di prospettiva.

Una città che non riesce a proporre segnali di risveglio, quasi infastidita dalle parole crisi, disoccupazione, chiusura.

Tutti divisi e concentrati sul problema personale: centro storico? Parcheggiare davanti al Palazzo Comunale, ecco la bacchetta magica! Crisi industriale? Vero, ma smettete di gufare, prima o poi il mercato riprenderà (peccato che il mercato mondiale si sia ripreso dal 2011). Autodromo? Per fortuna esiste, porta lavoro, danari, turismo. Ok, ma quanto di preciso? Beh, tantissimo e poi con gli utili possiamo costruire scuole, acquistare macchinari ospedalieri, riqualificare il centro. Quindi sai dirmi il nome dell’ultimo macchinario diagnostico regalato alla nostra unità sanitaria? Sul momento non lo ricordo, ma sono certo della riqualificazione del centro. Bravo, ma lo sai che le risorse per il centro, assieme a quelle ormai leggendarie dello scalo ferroviario, sono state dirottate verso l’Autodromo? Ah, non lo sapevo, però con la mostra sul Papa sono venuti 10000 turisti, che hanno dormito, mangiato, girato per il centro e fatto tanti acquisti. Questo lo hai letto quando è stata lanciata l’iniziativa, ma in realtà sono stati staccati circa 2000 biglietti e nel settore alberghiero hanno fatto dei grandi sbadigli.

IL SISTEMA INGESSATO


Imola purtroppo è lo specchio dell’Italia priva, può piacere o meno, delle accelerazioni di Matteo Renzi.

Renzi rappresenta la figura classica del lobbista statunitense con l’unica differenza che negli Usa se vuoi fare politica devi essere eletto. A Imola esiste un’unica lobby che nel tempo ha messo radici nel sindacato, nella cooperazione, nell’associazionismo e controlla un colosso come Hera con la “finanziaria” ConAmi.

Tutto legale, ma con effetti nefasti sul territorio perché gli interessi dei lobbisti spesso non coincidono con quelli dei cittadini. Penso alle ultime vicende sulla discarica, ai collegamenti pericolosi denunciati dalla Gabanelli sui “presunti” rapporti con personcine non proprio a modo, penso alla Direzione Antimafia che parla di Bologna come terra di mafia, penso a quello che vedo e sento. Penso ai silenzi politici/sindacali davanti ad ingiustizie come gli accordi sui percorsi di mobilità non rispettati alla 3Elle, penso a quelle persone che hanno visto sfumare decine di migliaia di euro senza che nulla si muova.

Spesso penso a queste persone a cui è stato rubato il futuro ed il passato.

A volte a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca se si guarda ad un insieme che vede percorsi “professionali” consolidati per il bene della lobby….prima sindacalista, poi politico o ruolo dirigenziale collaterale nella cooperazione o in Hera. A volte si diventa anche Ministri, ma questa non è la vera chiave di lettura perché anche la Pinotti e la Boschi lo sono, la vera chiave deve essere trovata sui territori.

La lobby è potente, controlla partiti, aziende, sindacati, associazioni e, come un camaleonte, sa mimetizzarsi molto bene, sa sempre trovare un nemico che motivi la propria esistenza: Berlusconi, la Merkel, l’Isis, Grillo ecc ecc.

La lobby è astuta come una volpe: controlla il territorio, controlla tutte le eventuali variabili che potrebbero mettere in discussione il proprio potere, la lobby non è un partito, ma è presente in tanti partiti di maggioranza e di opposizione, oltre che nei sindacati.

La lobby è generosa: da questo punto di vista ricorda un’agenzia interinale, con il vantaggio che se le vendi l’anima il cv non serve più per trovare lavoro. Come nel sogno americano puoi diventare quello che vuoi: assicuratore, andare a lavorare in Hera per chiamata diretta anche se la formazione scolastica porterebbe verso una profumeria, diventare Assessore anche se non sei di Imola e non hai nessuna caratteristica e titolo di studio che motivi la scelta (prossimamente su questi schermi).

Chi non ha adesso sa benissimo che domani avrà anche lui.

E i poveri diavoli?

Per loro servirebbero politiche dense di buon senso e capacità, politiche che utilizzano anche le risorse pubbliche del territorio (lo scrivo perchè mi hanno raccontato che finalmente il federalismo si è concretizzato nel paese). Servirebbe un territorio dinamico che però entrerebbe in forte contrasto con la lobby.

IL FUTURO

Tanti pensano che sul territorio sia difficile costruire dei modelli economici/occupazionali perché il piccolo non può governare o cavalcare fenomeni planetari.

Vero, ma solo in parte anzi, a ben vedere, è la tipica frase che i lobbisti usano per mantenere e non mettere in discussione lo status quo.

Almeno a Imola.

Basta andare nella terra del Passatore per scoprire un mondo dove gli interessi dei cittadini vengono prima di quelli particolari: quello che a Imola è intoccabile nel cuore della Romagna viene rovesciato.

Tre esempi: 1) Ravenna vende 10 milioni di azioni Hera ricavando circa 20 milioni di euro da destinare al piano degli investimenti 2) Forlì ed i comuni limitrofi si riprendono la gestione dei rifiuti 3) Forlì chiude l’aeroporto a gestione pubblica perché gravato da continui rossi di esercizio. Scelta molto difficile perché chiudere il Ridolfi significava creare nuova disoccupazione, ma quando i danni sono superiori ai benefici è doveroso che il pubblico faccia un passo indietro. In particolare quando il pubblico vuole sostituire il privato in ruoli non suoi.

Oggi, pur in una situazione non chiarissima, l’aeroporto è nelle mani di un facoltoso gruppo statunitense. Vedremo…

IL GRANDE SOGNO

La politica, libera, dovrebbe porsi come servizio a favore dei cittadini senza nulla chiedere in cambio (giuro che sono sobrio mentre scrivo).

Domandarsi se può, o non può, innescare processi trasparenti e virtuosi tendenti a favorire il recupero occupazionale ed economico del territorio. Analizzare il presente per gettare ponti verso il futuro.

Il tutto a condizione che si posseggano possibilità finanziarie come Imola e tutto il Circondario ampiamente possiedono.

Il tutto senza dimenticare che il nostro territorio è comunque in Italia ed ovviamente con essa condivide un certo numero di variabili non modificabili o aggirabili.

La prima grande variabile è legata all’euro e all’impossibilità di utilizzare la leva monetaria per favorire le esportazioni. Il “giochino”, tante volte usato nel passato, ha, pur con un costo alto in termini di inflazione e tassi di interesse, mantenuto il nostro paese tra i top del pianeta. Questa tecnica appartiene al passato, quindi non utilizzabile, a Roma come a Imola, per creare occupazione.

Ormai ci troviamo davanti a scelte strategiche da affrontare: 1) rimanere quello che purtroppo siamo diventati, un territorio sempre più lontano dal benessere e dalla piena occupazione dove le risorse pubbliche vengono utilizzate in maniera distorta. 2) rischiare ed investire in un futuro dove la funzione investimento sia legata al mondo della trasformazione (qui nasce il vero valore aggiunto, l’occupazione e la ricchezza) e della tecnica (università con vocazioni legate alla trasformazione).

Il nostro territorio non ha alternative al punto 2 perché il mondo che va veloce è da sempre  collegato alle fonti del sapere, nel passato come nel presente.

E’ quasi banale scrivere che facoltà spinte ad alta specializzazione come la meccanica, la meccatronica, le automazioni troverebbero le ragioni per esistere a Imola.

Assieme a loro “rischiare” e “scommettere” su settori nuovi, in anticipo sul resto del mondo. Diventare, non è facile, un polo della scienza appetibile anche a studenti e docenti stranieri: riportare Imola nel mondo non per quello che era, ma per quello che sarà.

Con la cultura non si mangia, sostengono lobbisti e sodali, ma la storia afferma e dimostra l’esatto contrario: dove la cultura regna sovrana nascono le più importanti innovazioni.

Non ci credete?

Pensiamo alla Silicon Valley e alla Stanford University (seconda al mondo nel racking qualitativo), pensate che le moltitudini di imprese collocate nelle vicinanze siano figlie del caso? Dai, non scherziamo, dove si crea il futuro inevitabilmente si crea anche un volano che produce impresa, occupazione e ricchezza.

lStanford University

L’Italia, negli anni 60, divenne la regina mondiale della plastica (Moplen) grazie alle ricerche di un docente universitario, Giulio Natta (Premio Nobel per la chimica nel 1963). Università, brevetti, superiorità tecnologica sono il vero segreto (difficilissimo da raggiungere) per creare benessere.

Una università moderna pronta a raccogliere e rilanciare le sfide del terzo millennio avrebbe un impatto “devastante” sul territorio perché, è bene che si sappia, la scienza e la tecnica creano indotto per decine di milioni di euro.

Certo servirebbe una location sul tipo Osservanza, risorse finanziare per creare una startup, per esempio vendendo una parte delle azioni Hera e, cosa fondamentale, affidarsi a persone competenti (senza offendere i lobbisti, per competenza intendo soggetti che abbiano anche, scusate l’ardire, studiato e lavorato).

Un sogno? Forse

Impossibile da realizzarsi? Probabile

Però, se l’utopia si materializza, pensate a quanti posti di lavoro potremmo recuperare nell’indotto; avremmo i settori servizi, edilizi (riqualificazione), ristorazione, affitti, trasporti vivere un’autentica rinascita lavorativa ed occupazionale. Forse gli innocenti scippati del loro futuro potrebbero tornare a sorridere e ritrovare la parola.

Imola ti voglio bene e credo in te.

Mario Zaccherini

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