Il federalismo: l’equivoco fra autonomia e autarchia By Nicoletta Folli e Co

ARSU trasformata in TIA e gestita fuori bilancio dalla varie multiservizi, manovra ora in marcia in senso inverso, dall’altro tagliando fette importanti del gettito a favore dello Stato (es. relativa quota IMU), limitando il potere regolamentare e con il paradossale effetto di aumentare l’imposizione fiscale e diminuire le risorse ai comuni.

Pertanto il federalismo fiscale si è rivelato unicamente un modo per riaccentrare le risorse e svincolare i trasferimenti dello Stato ai Comuni dall’andamento storico, attraverso meccanismi non del tutto chiari e lineari, riducendo di fatto l’autonomia sostanziale degli enti locali.

Si è quindi rivelata con maggiore evidenza la schizofrenia della operazione connessa al federalismo: riaccentramento delle risorse, riduzione dell’autonomia e in qualche modo abbandono al proprio destino delle autonomie locali, senza sufficienti meccanismi di protezione e controllo, con effetti particolarmente sfavorevoli per i cittadini e per l’economia.

Infatti, non solo il federalismo non ha aumentato l’autonomia negli aspetti sostanziali e nelle decisioni di maggior rilevanza per gli enti locali ma nello stesso tempo ha aumentato frazionamenti, particolarismi, discrezionalità, manovre di dubbia correttezza amministrativa.

Si è cioè creato un puzzle formato da tante piccole tessere diverse che purtroppo non concorrono a formare un armonico disegno del Paese.

Parliamoci chiaramente e non per sparare sulla Croce Rossa: la classe politica italiana, nella stragrande maggioranza dei casi, giunge ad amministrare gli enti locali assolutamente impreparata da un punto di vista amministrativo, digiuna dei concetti di legittimità e correttezza finanziaria o ancor peggio determinata a piegarla ai propri fini, nel più disastrato dei casi fini non esemplari ma clientelari e personalistici (ne abbiamo ampia evidenza nella cronaca).

A fronte di questa situazione e di una maggiore autonomia, teorica nelle risorse e nei mezzi ma effettiva nelle decisioni, non esistono sufficienti criteri uniformanti e di controllo.

Forse i vecchi CORECO ingessavano troppo, forse la figura del Segretario Comunale garante della legittimità dava fastidio a qualcuno ma ora mancano del tutto i punti di riferimento tecnico/giuridici in grado di fornire corrette indicazioni alla politica, la quale, grazie al proprio potere di nomina, rimozione, pressione e valutazione, attribuzione di parti significative dello stipendio. se li fa da sé.

La separazione iniziata negli anni 90 fra poteri gestionali (alla parte tecnica, dirigenti, funzionari e dipendenti) e indirizzi politici, nata con l’intento (forse) di garantire maggiore imparzialità ed efficienza, si è trasformata nell’esatto opposto. Il politico non risponde, non è controllato, non firma, guarda al futuro immediato e non ad una seria programmazione.

E grazie ai suoi poteri impone alla struttura tecnica la propria volontà (sarebbe giustissimo, in particolare se rispecchiante le richieste dei cittadini rappresentati) spesso indipendentemente da ogni valutazione di correttezza amministrativa, opportunità ed equità, invocando presunti criteri manageriali e la lotta all’inerzia della burocrazia,  trascurando l’indispensabile ordinaria amministrazione a favore dei progetti immagine.

In questo quadro, meraviglierebbe se la Pubblica Amministrazione riuscisse a funzionare, almeno un po’: i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Esistono possibili soluzioni, ad esempio riequilibrare i poteri sia all’interno degli Enti, non consentendo che i  funzionari apicali restino mercenari nominati dipendenti dalla politica ma recuperando criteri di competenza tecnica e meritocrazia, sia fra i diversi livelli dell’organizzazione statale, rendendo ad es. la figura del Segretario davvero indipendente ed in grado di opporre realmente (sempre motivatamente) e non solo sulla carta, dinieghi a proposte e gestioni irragionevoli.

Formazione amministrativa e non solo politica degli Amministratori (almeno la Costituzione, no?)

La cosiddetta lotta alla burocrazia, alle inefficienze, se non si risolvono questi punti nodali, resterà solo propaganda ingannatrice e vomiterà ulteriori norme inattuate ed inattuabili che sempre più renderanno questo Paese un paese senza equità, senza la certezza del diritto,  ovvero un paese incivile.

Nicoletta Folli, Marina Giambi, Csa.

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Filed Under: FeaturedLavoro e Welfare

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