Chi me lo fa fare? By Angelo Gentilini

Sono stato assunto alla Cognetex nel 1972, ma essendo figlio di un operaio Cogne, da sempre ho convissuto con la storia di questa grande azienda. Dopo 15 giorni che ero in fabbrica, il fabbro Montroni, delegato sindacale Fiom-Cgil, incontrò il direttore di produzione di fronte al tornio Pittler in cui lavoravo. Tra di loro ci fu uno schietto scambio di opinioni. Finito il colloquio, notando il mio stupore, il fabbro si rivolse verso di me e mi disse: “Basterd arcordat che, quando un operaio è a posto con la sua coscienza di lavoratore, non deve mai togliersi il cappello quando parla con il padrone”. Questa frase da allora ogni giorno mi accompagnò e dopo qualche anno sono stato eletto delegato sindacale nel Consiglio di fabbrica Cognetex a rappresentanza dei lavoratori/ci del reparto torni. Per me fu naturale assumermi tale responsabilità, perché fin da bambino avevo una forte sensibilità sociale, maturata nel casone di campagna dove si abitava con altre 15/16 famiglie, dalla frequentazione e attivismo nella vicina parrocchia e nei mesi estivi trascorsi nelle colonie Cogne. Inoltre avevo vissuto con partecipazione tutto il periodo del 68/69, dove come studenti dell’Iti e Ipsia di Imola ci distinguemmo nelle rivendicazioni per una scuola e società migliore, lotte condite anche dalle manganellate della celere imolese. Come scrive la cronaca del tempo sostenemmo anche le importanti rivendicazioni e scioperi dei lavoratori/trici della Cogne di Imola. Nel corso degli anni ho alternato il ruolo di delegato sindacale con altre attività sociali interne all’azienda. Nel 2005/06 ho intensificato l’iniziativa sindacale perché occorreva tamponare la strategia aziendale che avrebbe portato alla chiusura totale della fabbrica. Si sono sostenute lotte ed iniziative di vario genere, per lavorare ci siamo anche velocemente riconvertiti cercando più ore possibili conto terzi puntando sulla nostra professionalità. Ad oggi, fermo restando la ferita per il forte impoverimento di un azienda leader nel mondo, avvenuto non a caso, ci sono dei segnali positivi che prefigurano la possibilità di una sostenibile continuità del sito produttivo imolese. Nel contempo nel 2008 è sopraggiunta la prevedibile crisi economica-produttiva e di conseguenza ho aumentato il mio impegno sindacale oltre la situazione specifica Cognetex. E così ad un anno dal fatidico traguardo della pensione sono entrato in aspettativa sindacale a tempo pieno per la Fiom-Cgil di Imola. Tanti mi hanno sostenuto, alcuni mi hanno ostacolato, come fosse un privilegio dopo 40 anni di fabbrica fare il sindacalista  a tempo pieno e a scadenza… Diversi mi han detto, ma chi te lo fa fare? Credo che la risposta si trovi nelle righe che ho scritto in precedenza. Tecnicamente è l’incalzante avanzare della crisi che ha aumentato l’attività sindacale ed è giusto che nell’emergenza ognuno faccia la sua parte e faccia tutto quello che può fare. Da tempo affermo che l’individualismo e il menefreghismo favoriscono l’affermazione di una piccola parte di società e dei poteri forti e credo si debbano rilanciare i valori anche e soprattutto legati agli ideali. Da questa crisi di sistema se ne esce bene solo con una grande presa di coscienza collettiva. Serve la partecipazione alla vita pubblica e sociale, con la consapevolezza che sono le forze che si esprimono sul campo che condizionano e determinano le scelte e gli equilibri. E’ evidente che la Fiom e la Cgil ce la stanno mettendo tutta per tutelare, difendere, rivedere e rifondare un modello socio-economico migliore e sostenibile per tutti e non per pochi. Purtroppo non è chiaro nella mente di tanti cittadini e lavoratori/ci cosa è un sindacato e che i sindacati non sono tutti uguali e troppo spesso si trascura il senso e il motivo di appartenenza collettiva ad un sindacato e si reclama con forza l’intervento e il sostegno solo quando sopraggiunge una forte problematica individuale o specifica. Sulla diversità per esempio c’è un enorme differenza, che sfugge a molti, tra chi si riconosce nella Costituzione italiana nata dalla Resistenza e chi opera a cuor leggero ogni giorno per disconoscere dei diritti, uguaglianze, doveri, solidarietà ,democrazia e valori sanciti proprio dalla nostra giovane e sconosciuta Costituzione. La scarsa partecipazione e le conseguenti analisi schematiche e frettolose portano solo all’accentuazione delle problematiche e sicuramente  aumentano le difficoltà per le reali e doverose risposte. Si devono rilanciare metodi partecipativi e rappresentativi, in ogni settore occorrono autorevoli rappresentanti che provengano dalla base e che abbiano fatto la cosiddetta gavetta dal vissuto e non solo letta sui libri. Studiare e parlare di lavoro e di lavoratori/trici è importante , ma non è come lavorare in produzione e non si possono avere le sensibilità ed essere in linea d’onda con chi è o è stato per tanti anni un lavoratore/ce  produttivo. Sono proprio i cittadini e lavoratori/ci che devono consapevolmente pretendere e mantenere il diritto e la possibilità della partecipazione attiva e attraverso l’elezione diretta dei propri rappresentanti. In conclusione è evidente che si certifica, da anni, un generale impoverimento ed è ovvio che ogni popolo o comunità ha i rappresentanti che riesce ad esprimere e con un pizzico di cattiveria si può affermare, che si merita. Perciò per avere più qualità e un modello di società migliore ogni popolo e ogni comunità si deve “dar da fare”. Questa è la democrazia.

Angelo Gentilini, sindacalista

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