POLETTI, 3ELLE E LE TUTELE DECRESCENTI By MARIO ZACCHERINI

Uno degli effetti maggiormente drammatici che stiamo vedendo e vivendo nel terzo millennio è la rinascita, almeno nei paesi democratici occidentali, di un capitalismo selvaggio che consuma risorse e uomini perché non più controllato dalla politica.

Siamo passati da un capitalismo (in origine e per natura “bestia selvaggia“) regolato dalla politica, quindi dalla democrazia, alla forma più spietata, già presente in tanti paesi asiatici e sud americani. Il decadimento della Democrazia, tra le tante iatture, ha spostato il centro dell’agire non più verso il benessere dell’uomo, ma verso il mero profitto.

Questa situazione non è nuova, basta rileggere le pagine toccanti presenti nell’opera di EngelsLa situazione della classe operaia in Inghilterra” .

In particolare, per segnalare come le dinamiche sociali elementari siano immutevoli nel tempo, riporto una parte introduttiva al libro che potrebbe essere stata scritta questa mattina su un qualsiasi quotidiano a commento della situazione drammatica che cominciano a vivere i grandi centri urbani italiani.

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Per Engels il capitalismo selvaggio porta alla guerra sociale, al tutto contro tutti dove i poveri combattono, l’uno contro l’altro, per un tozzo di pane. Senza dimenticare le giovani vite spezzate dal lavoro nelle miniere, in fondo il profitto vale ben la vita di qualche fanciullo che crescendo sicuramente si sarebbe trovato disadattato ed alcolizzato….quasi una prevenzione sociale.

Molti l’hanno dimenticato, ma noi veniamo da quel passato e per cambiarlo sono servite lotte, assunzioni di responsabilità, accrescimento culturale del proletariato e tante iniezioni di Democrazia.

Tutte queste azioni hanno permesso, di riportare la “bestia selvaggia” nella gabbia e di far coesistere i bisogni dei lavoratori con quelli dei “padroni del vapore” facendo diventare l’uomo non un mezzo, ma il fine.

Quello che siamo, e che stiamo perdendo, è figlio di decenni di lotte, di lacrime, sudore e sangue.

Assieme alle lotte per “umanizzare” il capitalismo si sono formate altre forme di economie e/o mercati: comunismo e, tutto interno al capitalismo, la terza via della cooperazione. In particolare la cooperazione ha permesso alle classi meno abbienti di recuperare dignità nel lavoro e nella vita ponendosi come forma di capitalismo dal volto umano (almeno nelle origini). Un capitalismo dove etica e centralità dell’uomo, con corollario di bisogni, hanno creato una cultura all’interno della quale l’individuo parte sempre e comunque alla pari rispetto al mondo dove è inserito.

Non si lavora più per la bestia, ma per noi stessi.

Questo approccio, fortemente appoggiato e guidato dal cattolicesimo sociale e dal socialismo/comunismo italiano ha contribuito al riscatto delle classi lavoratrici ed al benessere generale del paese, non a caso i padri costituenti le hanno riconosciuto una valenza particolare alla cooperazione.

Epperò, ritorniamo al terzo millennio, le cose sembrano cambiate anche in questo mondo trasformando etica, responsabilità, diversità in desuete e consunte parole prive di significato.

La storia che potete leggere in allegato (ringraziamo il Resto del Carlino) non sembra ambientata nella sfera cooperativa, ma nel peggior mondo capitalistico.

Lavoratori che prima vengono “accompagnati” verso un percorso di mobilità si ritrovano, nel momento di ricevere la loro quota sociale (figlia in gran parte del Trattamento di Fine Rapporto versato), figli di nessuno ed abbandonati al loro destino.

Persone che avevano coraggiosamente scommesso su un futuro diverso, chi aprendo un’attività, chi versando all’inps i contributi mancanti per accedere alla pensione, si ritrovano soli, abbandonati da quel mondo che vedeva nell’uomo il fine.

Invece, amaramente, scoprono di essere il fine di un’azione che di cooperazione non ha nulla.

Queste persone rappresentano una ferita che deve essere sanata al più presto, coinvolgendo quei soggetti istituzionali che più di tutti conoscono il percorso storico della gloriosa cooperativa 3ELLE.

Credo che un uomo di cooperazione come l’attuale Ministro Poletti (persona che alla cooperazione ha dato tanto, ricevendo tantissimo), al momento dei fatti Presidente della Lega Coop nazionale, dovrebbe trovare il tempo per tornare a parlare, ed aiutare, quelle persone che un tempo lo hanno applaudito ed aiutato a diventare così importante nel paese.

Caro Ministro, sappiamo che in questi giorni è impegnatissimo nel progetto dei “contratti a tutele crescenti”, ma ci piacerebbe che si impegnasse, anche se non ha responsabilità dirette e/o materiali sull’accaduto, nei confronti di quei lavoratori che nella cooperazione hanno trovato solo “tutele decrescenti“.

Etica, responsabilità e diversità devono continuare a vivere nella cooperazione mentre questi precedenti ci avvicinano sempre più alla “bestia selvaggia” che almeno Lei non vorrà liberare.

Mario Zaccherini

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  1. Nicoletta Folli says:

    Mario, sentitamente mi unisco al tuo appello. Le tutele decrescenti sono quelle che hanno riguardato tutti i lavoratori in questi ultimi 20 anni e spinto ai margini o fuori dalla vita produttiva parte sempre più grande della popolazione. Chiamare tutele crescenti una operazione che di fatto toglie diritti ai nuovi lavoratori fa parte di quella operazione di mistificazione e rovesciamento della realtà a cui assistiamo da tempo, per cui è licenziando che si crea lavoro, è aumentando la precarietà che si inizia il futuro per i giovani, privatizzando le risorse pubbliche ed etichettandole “beni comuni”che si aumenta l’equità e la corretta fruizione, togliendo il falso in bilancio, tollerando la corruzione, facendo prescrivere grazie a leggi ad personam gravissimi delitti che si tutelano gli onesti

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