IL MODERATISMO AFFOSSA IL CENTRO-SINISTRA By ENRICO MONACO

L’altro giorno stavo guardando su La7 l’ottimo documentario di Sabina Guzzanti, Viva Zapatero. Un’opera scomoda che analizzando i meccanismi di controllo dell’informazione spiega come abbia fatto Berlusconi a raccogliere un consenso così forte e a mantenerlo per anni, e come l’opposizione Ds/Margherita (ora Pd) non sia riuscita (o non abbia voluto) porre un freno a questa deriva. Seguiva un dibattito moderato da Mentana con quattro ospiti in sala, Alemanno (sindaco di Roma), Rutelli (presidente dell’Api), De Bortoli (direttore del Corriere della Sera) e Scilipoti.

La discussione si è concentrata molto sugli assetti istituzionali e sugli equilibri politici, probabilmente per la voglia di Mentana di comprendere quali potranno essere gli scenari futuri. Rutelli, che riesce sempre a stupirmi, ha sostenuto per sette volte la necessità di costruire un governo di responsabilità seguendo la tesi credibile secondo cui con questa legge elettorale e vista la debolezza del possibile schieramento di centro-sinistra (Idv-Sel e Pd) si rischierebbe di avere una maggioranza di sinistra alla Camera e una di diverso colore al Senato (perché al Nord la sinistra non raccoglierebbe abbastanza voti). L’altro concetto sul quale il leader dell’Api ha battuto il tasto è stata l’impossibilità di legare le forze riformiste con le culture di sinistra, definite estreme e ideologiche. Ha sostenuto che se il Pd si alleasse con Sel e Idv non potrebbe realizzare nulla di quello che ci ha imposto la Bce con la sua lettera, che non si potrebbe inviare il nostro esercito nelle missioni internazionali sostenute dall’Onu e che non si potrebbe riformare il mercato del lavoro assieme a chi sposa a precindere le posizioni della Fiom.

Rutelli incarna perfettamente quella cultura di centro che ricorda il partito laburista di Blair, ve lo ricordate al fianco di Bush? Solo che è in ritardo di qualche anno e infatti i suoi competitor a sinistra si sono evoluti. Dipingere Sel come partito ideologico e comunista, come una sorta di riedizione di Rifondazione Comunista, è ridicolo. Primariamente perché Vendola ha fondato questo nuovo soggetto politico uscendo dal Prc dopo la conquista della segreteria da parte di Ferrero, sostenuto dalle anime più ortodosse. Inoltre non ha un rapporto pregiudiziale con le istituzioni private, infatti ha finanziato la costruizione di un centro ospedaliero a Taranto in collaborazione con il San Raffaele di Milano. Infine ha superato la contrapposizione ideologica con i cattolici interiorizzando quei valori che ben si accordano alla cultura di sinistra. L’Italia dei Valori poi non viene neanche da una cultura di sinistra e non sono certo una forza estrema nei contenuti. Il loro unico peccato capitale è quello di difendere una cultura della legalità che se tradotta in pratica politica affosserebbe i due terzi della classe dirigente.

Rutelli sostiene l’incompatibilità tra queste due forze e la cultura politica che lui incarna. E qui veniamo al problema del Pd. Il moderatismo rutelliano è ben presente nell’area Modem del Partito Democratico (quella diretta da Franceschini, ma capeggiata da Veltroni) e anche in una parte degli ex-Ds. Questa componente minoritaria è sostenuta da quei poteri forti che hanno contribuito a determinare la crisi economica e politica del paese occupando la Rai, sconfinando nel campo della sanità, avversando la legge sul conflitto di interessi. Loro hanno apprezzato il lavoro di Marchionne, approvato la costruzione della Tav e frenato il sostegno dei referendum perché a favore di un sistema idrico privato. Ovviamente vengono attaccati da Sel, Idv e tutti i movimenti sorti in questi anni.

L’incompatibilità deriva dal fatto che questa componente minoritaria di moderati di sinistra vorrebbe costruire un nuovo equilibrio di potere portando al governo persone che hanno vissuto in questi anni sul sistema malato del belusconismo, che loro stessi criticano (contraddizione insanabile). Vedono di buon occhio un’alleanza con il Terzo Polo, i due terzi del quale in questi anni ha governato con Berlusconi; e pretendono che la spinta di cambiamento a cui aspirano Sel e Idv venga contenuta per non danneggiare il sistema di potere che conosciamo dal quale loro traggono forza.

Rutelli ha avuto la coerenza di andarsene dal Pd e di fondare un nuovo partito di centro. Invece i vari Fioroni, Follini, Letta, D’Alema, Veltroni, Bindi rimangono nel Pd costringendolo a cercare una mediazione tra due culture politiche incompatibili.

Ma quindi non è possibile l’alleanza tra le forze progressiste e quelle moderate? Sarebbe possibile se le forze progressiste fossero in grado di accogliere al loro interno la forza dei movimenti nati in questi anni, e per farlo devono poter essere libere di fare proposte forti come la tassazione delle transazioni finanziarie, il ritorno dell’Ici sulla prima casa, la tassazione dei patrimoni immobiliari, una riforma del lavoro che difenda i lavoratori e garantisca la flessibilità ecc. ecc. Dall’altra parte i moderati dovrebbero riuscire a liberarsi da questa cultura moderatista, che non vuole un cambiamento incisivo ma soltanto la conquista del potere. E questo è possibile solo se ci si libera di tutti quegli esponenti politici che hanno fallito.

Se all’interno del Pd dovesse invece prevalere la componente che vuole l’alleanza con il Terzo Polo, allora l’unica soluzione sarebbe una scissione che garantirebbe a Sel e Idv di rappresentare le istanze di cambiamento di una larga parte della popolazione. Allora il movimento che è cominciato con i girotondini e che oggi vede gli indignados scendere nelle piazze per occuparle tornerebbe ad avere una rappresentanza in Parlamento e l’Italia una speranza di cambiamento democratico.

Enrico Monaco

ilrasoio.wordpress.com

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