Questione Acqua: lo scontro tra i cittadini e i padroni dell’oro blu. By Enrico Monaco (ilrasoio.wordpress.com)

In questa Italia che continua ad avvitarsi su se stessa rincorrendo le vere, o presunte tali, azioni del Presidente del Consiglio che monopolizza i dibattiti e l’informazione, il governo va avanti nel silenzio. Non è vero che il centro-destra non governa: lo fa e oggi vorrei parlarvi di cosa stia facendo per la gestione del servizio idrico.

La situazione dell’acqua in Italia è questione intricata, come tante in questo paese. Prima degli anni 90 il sistema era gestito completamente in un’ottica pubblica di collaborazione tra Stato e i comuni. Poi con l’onda lunga delle privatizzazioni selvagge anche in questo settore si decise di aprire ai privati. La prima legge rivoluzionaria fu approvata nel 94 (legge Galli). Questa creò un’Italia dell’acqua federale, divisa in 92 ambiti territoriali ottimali (detti Ato). La gestione di questi era in mano ai comuni che avrebbero dovuto presentare un programma per migliorare la rete e affidarne poi il servizio a società “indipendenti” specificamente dedicate allo scopo, che potevano essere pubbliche (le cosiddette “in house”), misto pubbliche/private o private. Ma la vera “chicca” introdotta dalla Legge Galli fu il diritto di queste a godere di un rendimento sugli investimenti realizzati per il mantenimento delle reti idriche, che la legge fissò poi al 7%, caricandolo direttamente sulle bollette dei cittadini.

A 15 anni di distanza dalla legge Galli, si è creato sostanzialmente un sistema integrato tra pubblico e privato che varia molto da una realtà all’altra del paese. In alcune zone il pubblico è riuscito a mantenere di più il controllo dell’acqua, in altri casi si è preferito esternalizzare significativamente il servizio (come in Sicilia, chissà il perché?) e in altri casi si sono create collaborazioni integrate tra pubblico e privato (di cui la realtà modenese è un esempio: gestione a maggioranza del comune all’interno della multiutility  Hera).

Ad oggi il sistema idrico presenta evidenti problemi come l’incapacità di sfruttare a pieno l’oro blu: in media su 100 litri di acqua se ne perdono 47 con un danno di 2,5 miliardi all’anno. Quindi il sistema avrebbe bisogno di un investimento sulle infrastrutture. Inoltre la situazione confusa sulla gestione dell’acqua che si è creata è sintomo di una mancanza di leggi efficaci che regolamentino il servizio, prova né è il fatto che esistano realtà organizzative molto diverse tra loro nel paese.

Il governo ha compreso la natura problematica della situazione ed è intervenuto con il decreto Ronchi convertito in legge proprio a novembre del 2009. Questo si propone di dare un giro di vite alla legislazione del sistema idrico imponendo ai comuni di passare progressivamente il servizio ai privati. Esso concretamente impone di garantire la gestione del capitale ad un socio privato almeno del 40% e comporta che le aziende municipalizzate possano conservare la gestione del servizio solo se la loro quota di capitale scenderà al di sotto del 40% entro il 2013, e sotto 30% a fine 2015.

L’intento è evidente. Quello di togliere di mano ai comuni la gestione dell’acqua e di affidarla ai privati. A questo punto i sostenitori del liberalismo parleranno dell’effetto virtuoso della concorrenza. Io sottolineerei invece che la natura del problema rimane di natura giuridica e politica: se non esistono o non vengono applicate regole chiare sulla materia, l’apertura ai privati diventerà un nuovo terreno da West nel quale le aziende scateneranno una battaglia creando una deregolamentazione selvaggia.

A causa di tutto ciò nel silenzio generale della politica che conta e di una buona parte dell’informazione, nel 2005 è nato il Forum dei Movimenti per l’Acqua che si batte per una gestione pubblica di questa risorsa e che quindi difende una gestione pubblica e partecipata della risorsa. Il movimento vede l’acqua come bene comune dei cittadini che deve essere gestito con delle garanzie che tutelino l’accesso a questo.

A loro parere i provvedimenti presi in materia vanno in una direzione pericolosa e contraria alle finalità per le quali si sono costituiti come associazione di cittadini. È stato così che radicandosi a livello territoriale piano piano sono riusciti a raccogliere ben 1 milione 400 mila firme per richiedere un referendum a proposito.

Questo è stato ottenuto con una mobilitazione straordinaria di cittadini che hanno rivendicato con fierezza la loro autonomia e trasversalità politica: la lotta dei Movimenti per l’Acqua infatti si caratterizza come una battaglia di civiltà e non come una mera contrapposizione politica col governo.

Il referendum da loro chiesto e approvato dalla Corte Costituzionale è composto da due quesiti referendari.

1° QUESITO: Il primo chiede l’abrogazione del decreto Ronchi, che con voto di fiducia ha imposto la privatizzazione forzata del servizio idrico, tradendo la legge comunitaria emanata dall’Europa che sancisce la libertà dei diversi livelli amministrativi in materia di privatizzazione.

2°  QUESITO: il secondo chiede l’abrogazione del rendimento garantito al 7% per i privati, che grazie a questo diritto fissato dalla legge si suddividono gli utili derivati dalla gestione dell’acqua, caricandone il peso direttamente sulle tariffe pagate dai cittadini. Questo ha garantito ai privati un guadagno a prescindere sull’acqua e la loro entrata in materia.

Io credo che questa battaglia del Movimento dell’Acqua dovrebbe appassionare tutti, perché qui si sta decidendo su un bene che riguarda la salute, le tasche e anche l’etica politica di tutti gli italiani. Se guardiamo al resto del mondo una gestione dissennata e privata dell’acqua ha portato grandi strati della popolazione a non poterne disporre e anche a morire per questo.  Penso che l’acqua sia un bene comune e che tutti debbano partecipare alla ricchezza che essa crea, sia essa monetaria, sia essa di qualsiasi altra natura.

Il vero problema rimane politico e legislativo: senza un controllo e delle regole certe non si potrà costruire un sistema virtuoso di competizione tra il pubblico e il privato o tra questi ed un sistema misto.

Quindi la battaglia del Movimento si configura come primo passo fondamentale per abbattere due provvedimenti (il 7% di remunerazione garantita sul capitale e la “legge Ronchi”) che hanno avuto e probabilmente avranno effetti negativi per le nostre tasche e per la nostra salute. In questo senso il referendum ci può salvare dalla cattiva politica, che non riesce a rispondere al problema, se non lavandosene le mani e guadagnando consenso tra i poteri forti, grazie ad una spartizione della ricchezza guidata da logiche clientelari che di certo non incentivano il miglioramento del servizio.

Tuttavia credo che la spinta virtuosa impressa dal Movimento debba continuare ad essere sostenuta da tutti i cittadini che, al di là delle divisioni politiche, abbiano interesse alla regolamentazione del servizio idrico. Per avere questo dovranno esserci delle pressioni sulla politica e qualche schieramento dovrà raccogliere le istanze dei cittadini e portarle in parlamento.

Per ora hanno ufficialmente sostenuto il Movimento molte liste civiche delle diverse realtà territoriali, la Federazione della Sinistra, Sinistra Ecologia e Libertà, e Verdi (altre realtà politiche come il Movimento a 5 Stelle hanno partecipato alla raccolta firme su alcuni territori). Il Partito Democratico dopo un lungo confronto interno, ancora troppo lento e tardivo, sembra sosterrà il sì. In ogni caso ora tocca ai cittadini scegliere come schierarsi su un tema fondamentale come è la questione idrica.

Quindi informatevi sulla questione e a Maggio, quando probabilmente si andrà a votare, recatevi al seggio a dire la vostra. Quello che potete fare fin da adesso è firmare una petizione per richiedere l’accorpamento del referendum con le elezioni amministrative di maggio. Tramite questo link sarà facilissimohttp://www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/index.php?option=com_petitions&view=petition&id=171.

Enrico Monaco

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