LINEE GUIDA PER LA MITIGAZIONE DEGLI IMPATTI AMBIENTALI NELLA PROGETTAZIONE E GESTIONE DEGLI IMPIANTI BIOGAS By LEGAMBIENTE

1 PREMESSA: analisi degli elementi d’impatto ambientale e misure compensative per gli impianti di biogas

La valutazione dei potenziali elementi di impatto ambientale rappresenta, quando correttamente applicata, un valido strumento tecnico amministrativo sia per decidere sull’opportunità di realizzare un’opera sia per valutare gli effetti sull’ambiente che la progettazione, la realizzazione e l’esercizio di tale opera determineranno e per individuare quali misure di mitigazione devono essere previste per ridurre al minimo i potenziali impatti negativi.

In particolare, per quanto riguarda gli impianti di digestione anaerobica (DA), la maggior parte degli impatti negativi è originata nei reparti di ricezione, stoccaggio delle matrici organiche in attesa di caricamento all’impianto, trattamento e stoccaggio del digestato e conversione energetica del biogas. I principali impatti negativi sono i seguenti:

  1. Emissioni in atmosfera

Le emissioni di gran lunga più rilevanti sono quelle di ammoniaca e di gas serra che si hanno dagli stoccaggi dei digestati e delle loro frazioni solide e liquide separate.

Le emissioni maleodoranti, per parte loro, possono essere prodotte praticamente in tutti i reparti degli impianti di DA. Pertanto, nell’individuazione della localizzazione dell’impianto occorrerà fare riferimento alle Linee Guida regionali di applicazione del DM 10 Settembre 2010.

Le principali fonti di odori sono:

  • sostanze volatili e particolato prodotti nel corso di processi anaerobici putrefattivi delle matrici organiche durante lo stoccaggio in attesa dell’avvio all’impianto di DA;
  • sostanze volatili originate dalla sezione di metanizzazione;
  • sostanze volatili e particolato originati nelle fasi di trattamento e stoccaggio del digestato.
  1. Rumore

L’inquinamento acustico, rispetto ad altri tipi d’inquinamento, presenta caratteri particolari dei quali è necessario tener conto.

Innanzitutto tale forma d’inquinamento è temporaneamente labile: in termini fisici esso non ha possibilità di accumulo e scompare non appena cessa di agire la causa che lo ha determinato, anche se dal punto di vista psicofisico le sue conseguenze possono accumularsi.

Negli impianti di digestione anaerobica si può presupporre che si tratti di un rumore continuo, in quanto persiste senza interruzione apprezzabile per tutto il ciclo di lavoro.

Le fonti di rumore in tali impianti sono legate prevalentemente alle apparecchiature utilizzate nelle varie sezioni, ed in particolare pompe, compressori, soffianti, ventilatori, motori, etc.

Per l’attenuazione dei livelli sonori nelle zone di lavoro e, conseguentemente, nell’area esterna all’impianto possono essere adottati una serie di accorgimenti, quali:

  • l’utilizzo di apparecchiature intrinsecamente silenziose;
  • l’applicazione di rivestimenti e carenature;
  • il posizionamento dei macchinari su supporti antivibranti e/o lubrificati;
  • l’utilizzo di griglie fonoassorbenti per prese d’aria esterne (motori);
  • la completa chiusura degli edifici;
  • l’impiego di portoni ad apertura/chiusura rapida.
  1. Traffico

Un impianto biogas può determinare un aumento del volume di traffico sulla viabilità generale dovuto alla movimentazione del materiale in ingresso e/o in uscita dall’impianto stesso.

Per gli impianti di nuova realizzazione, qualora non siano inseriti all’interno di aziende agricole con allevamenti esistenti, è necessario valutare come verrà influenzata la viabilità rispetto alle condizioni precedenti all’installazione dell’impianto.

Pertanto, occorrerà redigere un adeguato piano del traffico che evidenzi il sistema viario interessato dalla nuova realizzazione, l’adeguatezza della viabilità locale a sostenere la movimentazione di mezzi pesanti indotta dall’impianto e le misure volte a mitigare eventuali criticità riscontrate.

  1. Utilizzazione energetica del biogas

Questa fase, se non opportunamente progettata e gestita può determinare impatti negativi.

E’ necessario considerare l’obbligo di dotare l’impianto di dispositivi di sicurezza per la combustione del biogas quando quest’ultimo non è avviato ai consumi finali. Tale sistema deve essere costituito da una torcia di emergenza opportunamente dimensionato secondo le modalità descritte nel paragrafo seguente.

Le condotte per il gas biologico devono essere realizzate in modo da garantire un’adeguata resistenza meccanica e un’adeguata resistenza alla corrosione al fine di mantenere l’affidabilità nel tempo.

2 REQUISITI PROGETTUALI E GESTIONALI DEGLI IMPIANTI BIOGAS

PREMESSA

In genere, gli impatti richiamati al paragrafo precedente si manifestano in corrispondenza di una deficitaria progettazione, realizzazione o gestione degli impianti, pertanto possono essere efficacemente prevenuti o ridotti mediante l’adozione di particolari accorgimenti costruttivi, di opportuni dispositivi di abbattimento degli inquinanti ed, infine, tramite una corretta pratica gestionale di tutte le attività connesse all’impianto.

Le presenti disposizioni definiscono pertanto i requisiti che devono essere rispettati dagli impianti per la produzione di biogas al fine di contenere e ridurre il loro impatto. Esse si applicano a tutti gli impianti di digestione anaerobica finalizzati alla trasformazione della sostanza organica contenuta in materie prime, materiali naturali vegetali di origine agricola e forestale, sottoprodotti agricoli ed agroindustriali ed effluenti di allevamento.

Alcuni dei requisiti riportati nel presente atto sono in linea con quanto previsto dalla Norma tecnica UNI 10458 “Impianti per la produzione e l’impiego di gas biologico (biogas). Classificazione, requisiti essenziali, regole per l’offerta, l’ordinazione, la costruzione, e il collaudo” e s.m.i..

Si evidenzia, che in tale contesto vengono fatte salve le specifiche norme di settore come ad esempio quelle legate alla prevenzione incendi.

Requisiti costruttivi e di utilizzo

Nella progettazione di un impianto biogas è necessario considerare aspetti di carattere costruttivo quali ad esempio l’obbligo di dotare l’impianto stesso di dispositivi di sicurezza per la combustione del biogas quando quest’ultimo non è avviato ai consumi finali. Tale sistema deve essere costituito da una torcia di emergenza il cui dimensionamento deve essere fatto in modo da consentire, non solo la combustione della portata normale del biogas, ma anche dei quantitativi provenienti dall’eventuale svuotamento rapido (5 – 6 ore) di tutti gli stoccaggi. Al fine di conferire al sistema una maggiore affidabilità, la torcia deve essere dotata di sistemi automatici di accensione e controllo della fiamma.

Altro requisito da rispettare se l’impianto di biogas è situato in o accanto ad un allevamento e l’impianto non utilizza solo gli effluenti zootecnici da esso prodotti, è che vi sia una totale separazione fisica tra l’impianto, da un lato, e il bestiame e il mangime dall’altro, se necessario mediante recinzione.

Provenienza e trasporto dei materiali in ingresso alla Digestione Anaerobica e del digestato

Al fine di favorire lo sviluppo di filiere corte a garanzia che vengano utilizzate esclusivamente materie prime, sottoprodotti d’origine agricola e agroindustriale di provenienza locale e per contenere le emissioni di CO2 connesse al loro trasporto si individua l’area di approvvigionamento quella avente un raggio massimo, dall’impianto, di 70 km.

Misure per la riduzione delle emissioni

Il massimo contenimento delle emissioni dalle fonti generatrici richiamate al paragrafo 1 potrà essere perseguito con misure di prevenzione, di carattere sia strutturale che gestionale. Le prime devono essere studiate già in fase di progettazione, mentre le seconde devono essere insite nella corretta conduzione quotidiana dell’impianto.

Misure strutturali

Tra le misure strutturali particolare attenzione deve essere riservata a:

  1. Stoccaggio dei materiali da inviare a digestione anaerobica
  2. Stoccaggio ed eventuali trattamenti del digestato
  1. Per quanto riguarda lo stoccaggio di biomasse palabili in arrivo all’impianto destinate ad insilamento, le strutture dovranno essere conformi a quelle normalmente utilizzate per questo tipo di processo. Per quanto riguarda, invece, altre biomasse fermentescibili da destinare all’alimentazione del digestore, lo stoccaggio dovrà essere effettuato in contenitori coperti atti ad per evitare dispersioni sia di COV sia di particolato, con opportuno trattamento dell’aria esausta e con pavimentazione, quando presente, impermeabilizzata e sagomata in modo da favorire il rapido sgrondo di eventuali percolati. Questi dovranno essere convogliati e conservati in contenitori chiusi, in attesa del caricamento al digestore.

Per le biomasse non palabili in arrivo all’impianto (liquami zootecnici, sughi zuccherini, ecc.) la conservazione in attesa del caricamento dovrà essere effettuata in vasche/contenitori a tenuta chiusi, salvo un’apertura minima per gli sfiati che dovranno essere opportunamente trattati.

I materiali costruttivi utilizzati per i contenitori di stoccaggio devono avere stabilità chimica, e avere caratteristiche tali da essere non biodegradabili e resistere alla corrosione e all’alterazione. Tutti i materiali polimerici ove necessario devono essere resistenti agli agenti atmosferici. Per quanto riguarda invece i sistemi di trattamento, essi dovranno essere adeguatamente mantenuti.

Occorre precisare che per verificare l’entità delle emissioni odorigene si dovrà prevedere un controllo almeno annuale.

  1. Lo stoccaggio del digestato e/o delle frazioni solide e chiarificate risultanti da un eventuale trattamento di separazione dovrà garantire il contenimento delle emissioni di odori, ammoniaca e gas serra. Lo stoccaggio del digestato deve essere adeguato alle necessità tecniche, alle modalità di eventuali post-trattamenti ed agli usi finali. La capacità dei contenitori è calcolata in rapporto ai quantitativi di materiali trattati dall’impianto e non può essere inferiore al volume di digestato prodotto tal quale o chiarificato in centottanta giorni per impianti con terreni in Zone Vulnerabili da Nitrati e centoventi giorni per impianti con terreni in Zone Ordinarie. Per quanto concerne la eventuale frazione palabile si farà riferimento ad un tempo di stoccaggio pari a novanta giorni.

La progettazione di tali sistemi dovrà prevedere:

    1. uno stoccaggio del digestato tal quale o della frazione chiarificata in una o più vasche/contenitore coperte con captazione del biogas e utilizzo del medesimo per produzione energetica

oppure:

    1. uno stoccaggio ripartito in almeno tre bacini disposti secondo un layout che consenta un periodo di stasi della biomassa senza aggiunta di biomassa fresca per un adeguato periodo, come da schema che segue:

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Figura 1 Configurazione stoccaggio digestato punto 2b

In tale contesto sarà obbligatoria la copertura del contenitore n. 1 con captazione del biogas e utilizzo del medesimo per produzione energetica. La dimensione del contenitore 1 deve essere pari ad almeno 30 gg della capacità totale di stoccaggio. Per quanto concerne i contenitori n. 2 e 3, deve essere conseguita una riduzione delle emissioni ammoniacali in atmosfera adottando una della tecniche di riduzione illustrata nella tabella che segue:

Tecnica di abbattimento delle emissioni di NH3 da digestati in stoccaggio
    • Contenimento in serbatoi flessibili di materiale elastomerico o plastomerico
    • Copertura con solaio, tenda,etc..
    • Coperture flottanti (plastic sheets, leca, …)
    • Rapporto S/V (Superficie libera/ Volume del contenitore) < 0.2

Tabella 1 Tecniche abbattimento emissioni di ammoniaca

  • per la frazione palabile del digestato è obbligatoria la copertura dell’area di stoccaggio con tettoia/copertura munita di tamponature laterali.
  • il volume massimo di ogni singolo nuovo contenitore per materiali non palabili non potrà essere superiore a 5.000 metri cubi per evitare rischi di cedimenti strutturali e difficoltà di omogeneizzazione del digestato e di ripresa dei sedimenti di fondo.

Un’altra possibile sorgente di odori può essere costituita dal trattamento di separazione dei digestati in due frazioni, quando tale operazione è effettuata con mezzi a forte efficienza e impiego energetico come le centrifughe.

In questi casi si dovrà ricorrere ad interventi strutturali che possono consistere in:

  • ambienti completamente chiusi e in depressione, con aspirazione e trattamento di questa aria esausta prima della sua immissione in atmosfera

Si precisa che, per quanto riguarda gli impianti a biogas in aziende agricole esistenti e dotate di adeguati sistemi di stoccaggio, il rispetto delle presenti disposizioni si ottiene prevedendo la sola realizzazione di una ulteriore vasca di stoccaggio avente capacità pari a 30 giorni coperta e con captazione del biogas.

Misure gestionali

Tra le misure gestionali particolare attenzione dovrà essere riservata alla movimentazione dei materiali all’interno dell’area perimetrata dell’impianto e alla gestione dello stoccaggio.

Per quanto riguarda la movimentazione dei materiali palabili in ingresso e in uscita dall’impianto, dovranno essere evitati imbrattamenti dei piazzali per perdite di materiale solido o di percolato. I mezzi adibiti alla movimentazione (carri, pale meccaniche, muletti, ecc) dovranno evitare effetti negativi di questo tipo. Le pompe e le tubazioni impiegate dovranno essere a prova di tenuta assoluta.

Lo stoccaggio dei materiali in arrivo all’impianto, ad esclusione degli insilati, dovrà essere di breve durata (non oltre 72 ore), onde prevenire fenomeni di anaerobiosi, fonte primaria di emissioni maleodoranti.

COGENERATORI

I moduli di cogenerazione, parte integrante della sezione di conversione energetica, che utilizzano il biogas per la produzione di energia elettrica e calore devono essere collocati all’interno di una sala motori, realizzata in muratura o in container, e comunque devono essere costruiti in modo da contenere adeguatamente l’impatto acustico.

I gruppi elettrogeni a cogenerazione devono essere muniti di idoneo sistema di abbattimento catalitico da mantenersi in perfetta efficienza; il camino di emissione dei gruppi elettrogeni/cogeneratori deve essere dotato di prese di misura posizionate e dimensionate in accordo con quanto specificatamente indicato dal metodo U.N.I.CHIM. M.U.422 e, per quanto riguarda l’accessibilità, devono essere garantite le norme di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia di prevenzione dagli infortuni e igiene del lavoro ai sensi del D.Lgs. 81/08; devono essere effettuati controlli periodici alle emissioni dei gruppi elettrogeni/cogeneratori con frequenza almeno annuale; la data, l’orario, i risultati delle misure e le caratteristiche di funzionamento esistenti nel corso dei prelievi dovranno essere annotati su apposito registro, tenuto a disposizioni degli Organi di controllo competenti.

Le emissioni provenienti dai motori a cogenerazione devono rispettare i seguenti limiti di emissione::

Polveri 10 mg/Nm3
Composti organici volatili (espressi come C-organico totale) 150 mg/Nm3
Ossidi di azoto (espressi come NO2) 450 mg/Nm3
Ossidi di zolfo (espressi come SO2) 350 mg/Nm3
Monossido di carbonio 500 mg/Nm3
Composti inorganici del cloro (espressi come HCl) 10 mg/Nm3

Le concentrazioni degli inquinanti sono riferite ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso secco pari al 5%.

Gli impianti di potenza termica nominale complessiva inferiore o uguale a 3 MW alimentati a biogas di cui all’Allegato X alla Parte Quinta del D.Lgs.152/06 e s.m.i., pur essendo “scarsamente rilevanti” in termini di inquinamento atmosferico, in quanto rientranti nell’elenco degli impianti ed attività di cui all’articolo 272 comma 1 dello stesso decreto, sono comunque tenuti al rispetto dei suddetti valori limite.

Monitoraggio dell’impianto

Deve essere adottato ogni accorgimento gestionale al fine di limitare la formazione di emissioni diffuse ed in particolare di quelle odorigene. A tal riguardo occorrerà provvedere all’elaborazione di un programma di controllo completo che preveda specifiche procedure di monitoraggio del funzionamento del processo e di buona funzionalità dell’impianto (verifiche tenute valvole, torce, pulizie pozzetti e reti di scolo, quantità e caratteristiche delle biomasse caricate all’impianto).

La data, l’orario, i risultati dei controlli sulle caratteristiche di funzionamento dell’impianto dovranno essere annotate su apposito registro, tenuto a disposizioni degli Organi di controllo competenti, assieme al “Registro di conferimento e rilascio” delle biomasse.

SISTEMI DI RACCOLTA E TRATTAMENTO DELLE ACQUE

Per la gestione delle acque complessivamente generate nell’area d’impianto, occorre far riferimento alla specifica normativa di settore che è rappresentata dal Dlgs 152/06 e s.m.i.; DGR 286/05; DGR 1860/06; DGR 1053/03.

In particolare occorrerà prevedere:

  • per le acque meteoriche derivanti dal dilavamento dei piazzali carrabili asfaltati, interessati dalla movimentazione dei materiali, un tempo di svuotamento delle vasche di prima pioggia compreso tra le 48 e le 72 ore;
  • per le acque di sgrondo delle aree di stoccaggio delle biomasse occorrerà prevedere il collettamento ed il loro riutilizzo nel ciclo produttivo ovvero un loro trattamento adeguato prima dello scarico;
  • nel pozzetto di campionamento posizionato subito a monte del recettore finale, è prevista una valvola di intercettazione di eventuali sversamenti accidentali.

Gli impianti di trattamento/raccolta delle acque dovranno essere sottoposti ad operazioni di verifica, controllo e manutenzione almeno annuali e di tali interventi dovrà essere conservata idonea documentazione da rendere disponibile a richiesta degli organi di controllo.

Sistemi di gestione della qualità (ISO 9000) e sistemi di gestione ambientale (ISO 14000 e/o EMAS)

Ai sensi delle Linee Guida nazionali per l’autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili, approvate con DM del 10 Settembre 2010, tra gli elementi positivi di valutazione ai fini della procedura di autorizzazione vi è: una buona progettazione degli impianti comprovata con l’adesione del progettista ai sistemi di gestione della qualità (ISO 9000) e ai sistemi di gestione ambientale (ISO 14000 e/o EMAS).

Utilizzazione agronomica del digestato: procedure di comunicazione e criteri gestionali

Facendo riferimento a quanto espressamente previsto dalla Deliberazione di Giunta Regionale 1198/10, in riferimento alla fase di utilizzazione agronomica del materiale derivante dalla digestione anaerobica di effluenti zootecnici e/o di biomasse di origine agricola, come individuati dal testo del Dm 7 aprile 2006, di seguito si riporta in sintesi le procedure e i criteri a cui attenersi.

Essendo il digestato un materiale avente le caratteristiche di un fertilizzante organico, deve essere applicato ai terreni agricoli nel rispetto delle disposizioni regionali in materia che sono rappresentate dalla Delibera di Assemblea legislativa 96/07 recante “Attuazione del decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali 7 aprile 2006. Programma d’azione per le zone vulnerabili ai nitrati da fonte agricola – criteri e norme tecniche generali”.

  1. Quadro riassuntivo su: procedura di “comunicazione” e criteri di utilizzazione agronomica del digestato

Le considerazioni che seguono riguardano gli impianti di digestione anaerobica che utilizzano il digestato, in forma tal quale o di frazioni liquide e solide separate, sui terreni di cui l’azienda dispone; vale a dire su terreni sui quali ha un diritto d’uso (proprietà o affitto) e/o su terreni messi a disposizione, con esplicita dichiarazione, dalle azienda agricole che ne sono proprietarie.

  1. Documentazione da allegare all’istanza di realizzazione e comunicazione ai sensi della Delibera di Assemblea Legislativa 27 gennaio 2007, n. 96: l’utilizzazione agronomica del digestato proveniente dal trattamento di effluenti zootecnici in miscela con biomasse è soggetta alla comunicazione all’amministrazione provinciale competente cui può essere inoltrata anche per il tramite dello Sportello Unico per l’edilizia secondo le modalità specificate nella citata delibera di Assemblea Legislativa 27 gennaio 2007, n. 96 e dalle successive disposizioni emanate ai sensi della L.R. 4/2007, CAPO III sull’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue derivanti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari.

Nel caso specifico degli impianti di biogas, già in sede di istanza abilitativa/autorizzativa per la costruzione, devono essere fornite le seguenti informazioni:

  • tipologia, quantità e contenuto in azoto complessivo della biomassa in entrata all’impianto e del digestato destinato all’utilizzazione agronomica. In particolare, i rapporti di conferimento e/o cessione di materiali debbono essere previsti da contratti scritti tra il titolare dell’impianto e i fornitori dei materiali in ingresso all’impianto, da allegare all’istanza;
  • fabbisogno di terreni per spandimento digestato;
  • elenco delle particelle catastali, loro superficie catastale e superfice utile per lo spandimento dei terreni disponibili per l’utilizzazione prevista del digestato. In particolare, devono essere presentati documenti comprovanti la disponibilità, a qualsiasi titolo, dei terreni e gli eventuali contratti.

A seguito dell’entrata in funzione dell’impianto, la comunicazione specifica sull’utilizzazione agronomica va inviata almeno 30gg. prima dell’attività di distribuzione in campo.

La medesima procedura deve essere adottata anche per impianti di digestione anaerobica alimentati con sole biomasse vegetali.

Nelle more dell’aggiornamento dell’attuale procedura informatizzata di comunicazione, si prevede la presentazione di una relazione recante i seguenti dati:

  • quantità, caratteristiche fisiche e contenuto in azoto della biomassa in entrata all’impianto e del digestato destinato all’utilizzazione;
  • tipologia di trattamento effettuato;
  • stoccaggio del materiale: ubicazione e capacità dei contenitori;
  • elenco delle particelle catastali utilizzabili, loro superficie catastale e superfice utile per lo spandimento dei terreni disponibili per l’utilizzazione prevista del digestato, loro localizzazione, e codice fiscale del proprietario.
  1. Documentazione tecnica e criteri di utilizzazione del digestato

Con riferimento alle disposizioni della Delibera di Assemblea Legislativa n.96/07, l’utilizzazione agronomica in terreni situati in Zone Vulnerabili ai Nitrati comporta:

  • per quantitativi di azoto superiori a 6.000 kg/anno l’elaborazione di un Piano di Utilizzazione Agronomica (PUA) basato sul bilancio dell’azoto;
  • per quantitativi compresi tra 3.000 e 6.000 kg/anno l’elaborazione di un Piano semplificato basato su limiti predefiniti per coltura.

Gli utilizzatori devono inoltre registrare le singole operazioni di distribuzione in un Registro di Utilizzazione in carta libera, indicando le particelle, le colture, il tipo di fertilizzante, le dosi e la data di svolgimento dell’operazione.

  1. Caratteristiche dei digestati e condizioni per il loro utilizzo agronomico
  1. Calcolo del peso, del volume e del contenuto di azoto del digestato

Il peso del digestato si ottiene sottraendo al peso delle biomasse caricate, comprese le eventuali acque di diluizione, quello del biogas prodotto, secondo l’equazione che segue.

Pdigestato = Pbiomasse – Vbiogas x Dbiogas [t]

dove:

Pdigestato : peso del digestato

Pbiomasse : peso delle biomasse caricate al digestore (inclusi effluenti zootecnici)

Vbiogas : volume di biogas prodotto, misurato oppure derivabile dall’energia prodotta tenuto conto della resa di cogenerazione

Dbiogas : densità del biogas calcolabile a partire dalla sua composizione e considerate le densità dei due maggiori gas che lo compongono (0,718 per il metano; 1,98 per l’anidride carbonica)

Ai fini del calcolo dei volumi di stoccaggio si considera il volume del digestato non sottoposto a separazione solido/liquido assimilabile al suo peso (1 t → 1 m3), in ragione delle comuni densità dei digestati.

La quantità di azoto al campo del digestato si definisce come somma dell’azoto zootecnico, calcolato secondo i valori standard di cui all’Allegato I della Delibera A.L. n.96/07, e dell’azoto contenuto nelle altre biomasse in ingresso all’impianto di digestione anaerobica. La quota di azoto da altre biomasse viene ridotta del 20% per tenere conto delle emissioni in atmosfera nella fase di stoccaggio.

Ncampo_digestato = Nzootecnico + Naltre biomasse x 0,80 [kg]

dove:

Ncampo_digestato: azoto al campo da digestato

Nzootecnico: azoto al campo da effluenti zootecnici

Naltre biomasse: azoto contenuto nelle altre biomasse caricate al digestore

  1. Efficienza d’uso dell’azoto del digestato

Nell’utilizzo agronomico dei digestati i livelli di efficienza dell’azoto dipendono dall’origine degli effluenti, dalle colture, dalle modalità ed epoche di distribuzione, come specificato nell’Allegato 2 della Delibera di Assemblea Legislativa n.96/07.

In particolare:

  1. le efficienze dei digestati da liquami bovini, da soli o in miscela con altre biomasse vegetali, sono da assimilare a quelle dei liquami bovini tal quali;
  2. le efficienze dei digestati da liquami suini e di frazioni chiarificate sono da assimilare a quelle dei liquami suini tal quali;
  3. le efficienze di frazioni palabili di digestati sono da assimilare a quelle dei digestati tal quali;
  4. le efficienze di digestati derivanti da miscele di effluenti bovini, suini, avicoli e biomasse vegetali si calcolano come rapporto ponderale delle efficienze delle singole componenti.

Le applicazioni di digestato devono garantire, a scala aziendale, livelli di efficienza dell’azoto non inferiori a quelli medi ammessi per gli effluenti liquidi e palabili.

  1. Coefficienti di efficienza del digestato

Nella tabella seguente si riportano i coefficienti di efficienza per digestati da effluenti d’allevamento e/o biomasse.

Tabella 2 Coefficienti di efficienza dell’azoto da digestati destinati all’utilizzo agronomico

1 2 3 4 5
Livello di efficienza Da liquami bovini da soli o in miscela con altre biomasse vegetali

[%]

Da liquami suini

[%]

Da effluenti avicoli

(stessa efficienza anche per le frazioni chiarificate del digestato)

[%]

Frazioni chiarificate di digestati

[%]

Da biomasse vegetali

[%]

Alta 55 65 75 65 55
Media 41 48 55 48 41
Bassa 26 31 38 31 26

  • i coefficienti di efficienza delle frazioni palabili di digestati si assumono uguali a quelli dei digestati medesimi
  • in caso di dosi inferiori a 125 kg/ha di N, i suddetti coefficienti di efficienza possono essere incrementati di un 15% rispetto al valore riportato in tabella (ad es. per liquami suini e biomasse il livello di efficienza alta passa dal 60% al 69%).

Nel calcolo delle superfici necessarie per l’utilizzo agronomico la quota di azoto del digestato non derivante da effluenti zootecnici non sottostà ai limiti dei 340 kg N/ha/anno per le Zone Non Vulnerabili e dei 170 kg N/ha/anno per le Zone Vulnerabili da Nitrati ma contribuisce al raggiungimento dei fabbisogni delle colture in ragione dei livelli di efficienza previsti.

  1. Modalità di distribuzione del digestato
  1. Al fine di contenere i rilasci di azoto dal suolo alle acque e le emissioni in atmosfera di azoto ammoniacale e di odori molesti, la distribuzione al suolo del digestato si deve svolgere secondo le seguenti modalità:
    1. la distribuzione dei digestati non palabili con erogatori deve avvenire a pressioni di esercizio inferiori a 6 atmosfere;
    2. i digestati e le loro frazioni risultanti da trattamenti di separazione devono essere incorporati nel terreno entro 24 ore dalla distribuzione. Sono esclusi da tali modalità gli appezzamenti con inerbimento: foraggere temporanee in atto; prati permanenti-pascoli; frutteti e vigneti mantenuti inerbiti.
  1. Per situazioni in cui si renda necessario ridurre ulteriormente il rischio di emissioni, le Province e gli Enti locali possono disporre l’adozione delle seguenti tecniche di distribuzione dei digestati t.q. e loro frazioni chiarificate:
  1. iniezione diretta al suolo (profondità indicativa 0,10-0,20 m);

in alternativa:

  1. spandimento superficiale a bassa pressione (< 2.5 atm alla bocca del getto distributore), seguito da interramento entro 24 ore;
  2. spandimento radente in bande su colture erbacee in copertura;
  3. spandimento radente il suolo su colture prative con leggera scarificazione.
  1. oppure garantendo il rispetto di:
      • una distanza non inferiore a 100 m dalla delimitazione dell’ambito urbano consolidato, come individuato dallo strumento urbanistico vigente;
      • una distanza di almeno 50 m dagli edifici di terzi ad uso abitativo e/o produttivi, se utilizzati, in zona agricola

in assenza di specifiche indicazione nelle norme comunali.

Regime transitorio

Le presenti disposizioni non si applicano alle istanze autorizzative già in corso alla data di pubblicazione sul BUR del presente atto fermo restando che l’adeguamento al presente provvedimento, per gli impianti esistenti, dovrà avvenire entro 3 anni dalla pubblicazione sul BUR.

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